Passato, presente e futuro dei marchi motociclistici

Sezione dedicata ai possessori di motocicli non fabbricati da Peugeot.
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Re: Passato, presente e futuro dei marchi motociclistici

Messaggioda cts » 03 gen 2023 19:00

Passato, presente e futuro dei marchi motociclistici, facciamo il punto della situazione sui marchi "italiani".

Dopo la delocalizzazione, dopo il fallimento aziendale di (ex) solide realtà industriali motociclistiche, dopo il COVID-19, dopo le acquisizioni estere di alcune delle nostre aziende motociclistiche, mentre siamo in piena guerra Ucraina-Russia che rischia di sfociare in guerra UE-Cina/Russia e mentre siamo in pieno boom di costruttori motociclistici cinesi, facciamo il punto della situazione dell'industria italiana su due ruote a motore.

Delle moto cinesi in vendita in Italia ne abbiamo parlato qui: link.
Adesso parliamo un po' di marchi italiani. Ma purtroppo è come parlare - daccapo - di marchi cinesi...

Personalmente non considero più la mia amata Ducati come marca italiana: dopo i Castiglioni, con la loro Cagiva, ci sono stati dei fondi esteri che l'hanno acquistata, poi il Texas Pacific Group e adesso il gruppo Audi-Volkswagen che ha pure messo le mani sull'Italdesign di Giorgetto Giugiaro e sulla Lamborghini. No, come si fa a sentire italiani questi vecchi e gloriosi marchi, adesso?
Ma forse neppure loro, in Ducati, si sentono italiani, visto che ha fatto un certo scalpore la foto del vice presidente Ducati, Francesco Milicia, che svela la DesertX a cinquemila chilometri di distanza da Borgo Panigale, in quel di Dubai, in occasione dell'Expo mondiale...

Del resto, chi considera ancora italiana Mamma FIAT, che si è legata mani e piedi al colosso francese PSA (Peugeot, Citroen, Talbot) creando all'uopo il marchio Stellantis che comprende oltre alla ex-galassia FIAT (Lancia, Alfa Romeo, Iveco e quote di Ferrari, mentre ormai Autobianchi e Innocenti sono defunte da tempo) anche la ex tedesca Opel in una sovrapposizione di gamma sconcertante?

Piaggio è rimasta italiana, con essa Moto Guzzi e Aprilia, mentre piangiamo per la scomparsa di Laverda e Gilera, molto meno per Derbi che sentivamo spagnola e che dal dicembre 2019 ha terminato la produzione degli ultimi modelli (che erano stati trasferiti negli stabilimenti Piaggio) equipaggiati con motore 50 due tempi Euro 4 a causa della normativa Euro 5; le vendite europee dei veicoli Derbi sono terminate nel 2020 e il marchio non viene più utilizzato.

Anche la Fantic Motor è una vera azienda italiana: fu fondata nel 1968 nel paese di Barzago dal dott. Mario Agrati, dell’Agrati Garelli di Monticello Brianza, che si staccò dall'azienda di famiglia per unirsi a Henry Keppel, responsabile Commerciale Estero Garelli.
Dopo il fallimento dell'azienda nel 1995 e la chiusura della fabbrica, il marchio venne rilevato, a seguito di una gara pubblica di acquisto, dall'imprenditore trevigiano Federico Fregnan nel 2003, riavviando la produzione nel 2005. Dal 1 ottobre 2014 è stata acquistata per intero da VeNetWorke il nuovo amministratore delegato è Mariano Roman.
Nel 2020 la Fantic Motor ha acquistato il 100% delle quote azionarie della Motori Minarelli dalla Yamaha.
Nel luglio 2022 Fantic ha acquistato la Bottecchia Cicli.
Ecco, magari in Fantic Motor useranno pure componentistica cinese, ma almeno hanno ben pensato di acquistare aziende italiane e non aziende spagnole come ha fatto Piaggio...

Di Moto Morini, Malaguti, Lambretta, Benelli, eccetera ne abbiamo parlato in precedenza: hanno ormai il passaporto asiatico ed è difficile considerarle italiane.

Ma fa scalpore la MV Agusta, quest’anno il 25% del loro pacchetto azionario è finito nelle mani di KTM, che facilmente deterrà il 100% delle azioni entro pochi mesi.
Se KTM non vi dice qualcosa, vi ricordo che dopo avere acquisito Husqvarna e Husaberg, la casa austriaca ha decretato la fine della seconda, che tra l'altro era nata proprio da una costola di Husqvarna da tecnici che non volevano trasferirsi in Italia dopo l'acquisizione da parte dei Castiglioni.... Corsi e ricorsi... Oggi però Husqvarna e Gas-Gas (altro marchio comprato dalla KTM, dopo che la spagnola ex importatrice delle allora fallite SWM si era unita a Ossa pur di sopravvivere) sono delle brutte copie delle più belle KTM... speriamo bene per MV Agusta...

Nel frattempo, la nostra Morbidelli è appena finita sotto il controllo della cinese MBP.
MBP (che è l'acronimo di Moto Passione Bologna) è il nuovo marchio del colosso cinese QJ Motor, che si affianca a Benelli e Keeway.
Non è finita. QJ Motor fa parte del gruppo Qianjiang Motor, che a sua volta ha come maggior azionista un colosso dell'automobile come Geely, che nel suo gonfio portafoglio vanta aziende come Volvo, Lotus, un pezzo di Aston Martin, il 50% di Smart. Tra gli esperti tecnologici di QJ ci sono ingegneri giapponesi che arrivano da Honda, mentre la struttura a capo del design è di scuola italiana. E poi la divisione a due ruote di Qianjiang mostra joint-venture con MV Agusta (e qui torniamo a KTM...), Peugeot (leggasi Mahindra) e Kymco, marchio indipendente. Inoltre, ha stretto un solido rapporto con Harley-Davidson. QJ costruisce, infatti, per la Casa di Milwaukee moto di 350 e 500 cm³.

Così come non possiamo più considerare italiane:
- la Marzocchi, che ha avviato una collaborazione con QJ, il marchio proprietario di Benelli...
- Dainese e AGV , marchi pregiatissimi acquistati dal fondo americano Carlyle;
- TCX che è stata acquistata dal fondo di investimento Investcorp;
- Vircos, eccellenza italiana delle tute in pelle, che è passata nelle mani di Rev’It!.

E così l'industria motociclistica italiana rischia di scomparire come già è scomparsa la rinata industria motociclistica inglese: dopo aver acquisito il marchio inglese Vincent, il colosso indiano Bajaj ha stretto anche un’importante partnership con Triumph per la produzione di moto di cubatura medio-piccola. Per mano di un altro colosso indiano, la TVS, partner di BMW, di lì a poco l’Inghilterra ha già perso un altro pezzo pregiato, la mitica Norton.

E così, le varie CFMoto, Voge o Zontes si stanno espandendo a macchia d'olio anche sul nostro povero italico mercato, complice l'inerzia non solo dell'industria italiana ma anche la scarsa coesione di quella europea (che poi è fondamentalmente quella austro-tedesca).

Lasciamo pure da parte l'industria motociclistica americana, che fondamentalmente è solo Harley Davidson ma che non ha i numeri per impensierire nessuno, Zero comprese.

Non ne parliamo poi degli ampi spazi che sul mercato italiano ed europeo hanno lasciato ai costruttori cinesi proprio gli (ex?) re della motocicletta moderna, i tanto osannati giapponesi che non sono più in grado di mantenere il loro precedente forsennato ritmo produttivo degli anni '80 e '90 del 1900!

Ma sicuramente il boom cinese (che è poi lo "sboom" italiano...) è da ricercare, oltre all'abbondanza di materie prime vitali per il futuro trasporto tramite motori elettrici, anche nel regime dittatoriale dove i diritti non sanno nemmeno cosa sono, dove c'è sfruttamento sul lavoro, dove hanno norme di sicurezza pari alle nostre di 60 anni fa, dove non esiste la legge anti contraffazione, dove le regole sono fatte per essere infrante (in casa degli altri, però), dove nonostante tutto questo pseudo sviluppo economico la maggior parte della popolazione è - ad oggi - ridotta alla fame.
Un Paese che, da subito, ha attratto avidi imprenditori occidentali (ma anche dirimpettai asiatici...) perché dove c'è la miseria, lì la manodopera costa poco.

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Delocalizzazione e marche italiane in mano ai cinesi

Messaggioda cts » 01 lug 2023 19:27

Dall'editoriale di Motociclismo - luglio 2023

Delocalizzazione e marche italiane in mano ai cinesi
Dalla Cina ne arriva una notizia che suona come uno schiaffo all'Italia e alla sua moto più venduta, la Benelli TRK: il colosso cinese QJ, proprietario dal 2005 di circa il 70% delle quote Benelli, a fine giugno ha riversato nei nostri concessionari migliaia di SRT 700 e 800, facendo, di fatto, una spietata concorrenza... a se stessa!
Per chi non lo sapesse, infatti, Benelli TRK e QJ SRT sono esattamente la stessa moto. Prodotta nello stesso luogo e assemblata dalle stesse mani, come del resto prevede dal 2005 l'accordo vincolante fra QJ e la sua partecipata. Il fatto che i due modelli siano commercializzati con nomi diversi e differenze estetiche risibili fa sì che il copia/in-colla sia una scelta spregiudicata che nulla ha a che vedere con il concetto di piattaforma industriale (un esempio, in questo senso virtuoso, sono il telaio e il motore della Transalp e della V-Strom 800DE con cui Honda e Suzuki fanno anche la Hornet e la GSX-8S).

Ma torniamo a QJ e Benelli: la Casa madre si è mostrata matrigna verso la "Casa figlia", e non solo i più pessimisti temono che stia programmando addirittura un figlicidio, considerate le modalità con cui si muove.
Per prima cosa, la QJ ha cercato un importatore italiano bussando anche alla porta della qualificata Padana Ricambi, che già cura gli interessi in Italia di altri colossi cinesi come Voge e CFMoto. Poi, a sottolineare quanto fa sul serio, ha deciso di entrare da noi in modo diretto con la consociata Voltatec, rinunciando all'importatore che invece ha mantenuto in ogni altro Paese europeo. Dopodiché ha cercato accordi commerciali coi quasi duecento dealer Benelli italiani, i quali, in presenza del palese conflitto di prodotti SRT - TRK, hanno quasi sempre declinato l'offerta.

Ma QJ non ha fatto una piega e in quattro e quattr'otto, sfoderando risorse apparentemente illimitate, si è creata una rete capillare di dealer multimarca. Tutto legittimo, per carità, ma che bella spina nel fianco per la Casa di Pesaro!
Se distogliamo lo sguardo dal mercato domestico e lo puntiamo sul Motomondiale, ovvero una delle più importanti vetrine planetarie per le aziende di moto, l'atteggiamento dei cinesi non cambia.
QJ Motor si è ben guardata dal sostenere Benelli a livello internazionale, attuando un'operazione magari simile a quella di Fantic in Moto2.
Queste sono manovre che servono soprattutto quando i brand, come appunto Fantic e Benelli, non sono troppo forti oltre confine.
Invece QJ, a completamento di questa strategia d'assalto, ha sfruttato ancora una volta competenze italiane, affidandosi al romagnolissimo team Gresini, per ottenere solo per sé la visibilità che le sta dando il sorprendente Filip Salac.

Che cosa ci insegna tutto questo è chiaro.
I Marchi e i progetti che mettiamo nelle loro mani possono diventare il cavallo di Troia con cui, anni più tardi, sfondano sui nostri mercati coi loro brand, di cui peraltro sono orgogliosissimi!
Basti vedere cosa è successo anche a due giganti come Samsung e Apple: hanno affidato ai cinesi la produzione dei componenti e nel giro di qualche anno si sono portati in casa un rivale tosto come Huawei.

Tornando a noi e ai rischi che corriamo, se la storia di QJ non è un monito, cerchiamo almeno di ricordarci che in Cina ci sono venti aziende che superano la produzione di un milione di veicoli a due ruote all'anno, quando il più grande dei nostri gruppi, ovvero Pierer Mobility, di moto (KTM, Husqvarna Motorcycles e GASGAS) ne fa a malapena 300.000.

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Yamaha Motor introduce la Yamaha Extended Warranty +5

Messaggioda cts » 10 mar 2024 01:55

Yamaha Motor introduce la Yamaha Extended Warranty +5
7 anni di tranquillità per gli appassionati delle due ruote. La Casa dei Tre Diapason estende la garanzia ai suoi mezzi. Quando l'affidabilità è per pochi

Quando si acquista una moto o uno scooter, c’è chi presta attenzione ad aspetti diversi: chi allo stile, chi alle performance, chi alla comodità, chi ai sogni dell’adolescenza.
Ma c’è un fattore che tutti prendono in considerazione per un investimento importante, tanto emotivamente quanto economicamente: la sicurezza di poter contare sull’affidabilità del mezzo e sul costante supporto del costruttore.
A tutto vantaggio della tranquillità degli acquirenti e per consolidare nel tempo il valore del veicolo, Yamaha Motor offre la nuova Yamaha Extended Warranty +5, grazie alla quale è possibile portare a 7 anni la copertura di garanzia ed il servizio di traino degli scooter e delle moto del brand.

Acquistabile dal 5 marzo 2024 presso la rete dei Concessionari ufficiali Yamaha, la nuova estensione può essere attivata al momento dell’immatricolazione del mezzo o nei successivi 36 mesi.
Anche per coloro che hanno già acquistato l'estensione a 5 anni ed hanno un mezzo non più vecchio di 36 mesi, sarà possibile integrare facilmente la copertura a 7 anni al costo contenuto di 20 euro.
L’estensione di garanzia, che viene mantenuta attiva a fronte di una regolare cura e manutenzione presso la rete ufficiale Yamaha, può essere trasferita ad un successivo acquirente in caso di vendita del veicolo, sia tramite concessionaria, sia tra privati.

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Nella foto, la Yamaha R3 (YZF R3 serie 2021 - 24)

Andrea Colombi, Country Manager di Yamaha Motor Europe NV, filiale Italia, afferma: "Abbiamo lavorato con impegno per sviluppare un servizio pensato per la tutela dei nostri clienti. Siamo entusiasti di presentare un'estensione di garanzia così completa e durevole nel tempo. Con una copertura di 7 anni, offriamo tranquillità a tutti gli amanti delle due ruote, dimostrando la solidità e la serietà del nostro marchio. Questo servizio, accessibile a un costo ridotto, rappresenta un passo avanti significativo anche in termini di sicurezza stradale e comfort di guida perché, per mantenere la garanzia, i veicoli devono essere sottoposti a una manutenzione periodica e di qualità presso i nostri service".

Con la Yamaha Extended Warranty +5, Yamaha Motor offre un livello superiore di protezione e tranquillità, dimostrando ancora una volta l'impegno verso i propri clienti e la passione per un'esperienza di guida sulle due ruote piacevole e sicura.


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